[cataloghi][interviste][bibliografia][vita][archivio
video][progetti
non realizzati - opere pubbliche][archivio
edizioni][opere
su carta][contatto][Home]
"Exsolutio"
2016/12 - Esposizione nella chiesa di San Giodoco della
città di Bielefeld in Germania
Il termine latino exsolutio, perno intorno al quale rotea la mostra, significa
in italiano liberazione e nella traduzione latino/tedesco è tradotto anche
come "Erlösung" e cioè redenzione, ossia Il riscatto dell'uomo
da una condizione di infelicità e di peccato.
La struttura semantica dell'esposizione e quindi dell'"estrapolazione visiva"
del concetto di exsolutio si compone di due livelli complementari e inseparabili,
di cui uno ha una funzione di carattere meta-storico e l'altro storico, di attualità.
Il livello storico comprende il tema dell'attualità, della cronaca: il
fenomeno epocale dell'esodo di massa, della migrazione economica, dei fuggitivi
dalle guerre e dalla miseria. La relazione del fenomeno con il sistema culturale
del capitalismo.
Il livello meta-storico invece riguarda l'archetipo della liberazione/riscatto/salvezza
che ognuno porta in se nel senso di "impulso alla vita" ed è
indicato simbolicamente, in questa mostra, dal racconto biblico che riguarda il
profeta Mosè e il popolo ebraico che si libera dalla schiavitù.
Da notare che questo mito è ben ancorano in tutte e tre religioni monoteistiche:
quella ebraica, cristiana, islamica e che Mosè è il profeta più
citato nei corrispettivi libri sacri.
La quadratura della mostra si poggia su due pilastri principali rappresentati
nelle due opere "Exsolutio" (2015) e "I dieci comandamenti"
(2008) ed è supportata da altre due opere "secondarie": "try
again" (2013) e "Flyp Flop! (2013).
L'installazione "exosolutio" è costituita da tre manichini alti
circa 2 metri, ricoperti di ceci e disposti in semicerchio e non molto distanti
l'uno dall'altro. Le loro forme anatomiche sono state modellate secondo uno stile
che ne conferisce un tocco di androginia.I modelli sono posti su piedistalli alti
una venti di centimetri in modo che la loro grandezza vada al di la della norma
e l'impatto con lo spettatore incuda un certo "rispetto" . Sul collo
al posto della testa è montato un piatto bianco che funge da proiezione
di un libro le cui pagine son soggette al volere del vento, a volte fermandosi,
a volte increspandosi e volte sventolando con forza. Partendo da sinistra e andando
verso destra le prima proiezione è quella del Corano, la seconda è
quella della Tanakh ebraica (Torah, Nevi'im ' nella e Ketuvim) e la terza è
quella della bibbia cristiana (contenente i 4 vangeli). Le proiezioni provengono
da un proiettore video che il manichino stesso tiene nella mano destra. Le tre
figure sono raggruppate intorno ad una vasca di zinco piena di riso dal quale
sporge un tubo catodico di un monitore che mostra una barca colma di profughi
che navigano nel mediterraneo.
I ceci incollati sui corpi e il riso nella vasca di zinco simboleggiano la diversità
e la moltitudine e si potrebbero associare all'umanità, ma allo stesso
tempo sono anche simbolo di cibo, di bisogno primario, di necessità
L'impressione che se ne ricava è che le figure siano dei dignitari investiti
dall'autorità divina convenutaci dai libri sacri e che essi vogliano "vegliare"
attraverso lo "sguardo" liturgico della parola scritta sul divenire
(simboleggiato dal vento) degli accadimenti storici (l'esodo dei profughi - la
barca sul monitore.)
'installazione "exsolutio" rappresenta logisticamente per il visitatore
la prima stazione della mostra ed è collocata all'ingresso originale della
chiesa (la chiesa è stata modificata nel corso degli anni più volte
e l'ingresso ufficiale adesso si trova lateralmente sull'ala sud-occidentale dell'edificio)
. Ma volendo la mostra può essere visitata anche senza seguire una scala
itineraria ben precisa.
La seconda stazione continua nel corridoio a forma di U del vecchio chiostro che
è accessibile direttamente dalle navate della chiesa (le mure portanti
a sud sono state sventrate nelle ultime ristrutturazioni). Qui scopriamo dislocata
per tutta la lunghezza della parete settentrionale l'installazione "i dieci
comandamenti." L'installazione è composta da dieci scritte in neon
rosso e una figura in acciaio specchiante. Le 10 parole (lavoro, mercato, autorità,
rispetto, ricompensa, sacrificio, ordine, merito, concorrenza, formazione) sono
state estrapolate da un articolo sul corriere della sera scritto da un noto esponente
dell'industria italiana in risposta alla crisi economica mondiale e italiana del
2007 e indicate nel loro insieme come terapia da applicare da parte dello stato
per risolvere le cause della decadenza morale, civile ed economica. In fondo alla
parete nel punto di fuga prospettico del passaggio, troviamo la figura in acciaio
specchiante che ritrae la sagoma di un corridore di atletica leggera in fase di
gara.
In questa parte della mostra si riflette in modo critico sulle cause storiche
/economiche dell'esodo. E proprio qui che si fa riferimento implicito all'idolatria
del mercato e dell'economia, quasi a sottolineare il tentativo continuo di soppiantamento
dei valori religiosi e umanistici della tradizione giudaica/cristiana/islamica
espressi nelle famose tavole di Mosè. È forse la meta, la terra
promessa, il capitalismo, il mondo della speculazione finanziaria, il lucro, la
corsa alla ricchezza e al potere materiale? Che relazione esiste tra questa grammatica
e la ricerca archetipica della libertà intrinseca all'uomo? Come è
cambiata la relazione tra il tempo e la libertà? Qual isono i parametri
etici che vengono applicati all'interno dei dispositivi "nazionali"
per accogliere o respingere, gestire i profugnhi?
Nella "nuova" decade dei principi economici saltano all'occhio l'omissione
o la semplice assenza di alcuni concetti di naturale importanza del vivere comune
: dove sono andati a finire i termini come la "solidarietà",
la "giustizia", la "partecipazione" e la condivisione? Manca
il rallentamento, la riflessione, la quiete. Tutto si basa sulla velocità.
E se ipoteticamente il corridore si dovesse rallentare? Che succederebbe? (Egli
si trova in una posizione esageratamente obliqua simile ad una moto di corsa in
curva). La risposta è semplice: egli cascherebbe, in assenza di forza centrifuga,
inesorabilmente a terra.
Sembra che noi tutti ci rispecchiamo in questa costrizione dettata dall'accelerazione
continua dei ritmi della vita subordinata all'economia. Metafora che si potrebbe
associare alla funzione specchiante dell'acciaio che costituisce la sagoma della
siluetta. Il dettato onnipresente dell'accelerazione che produce precarietà:
chi si ferma è perduto!
Se proseguiamo il nostro percorso della mostra camminando verso il lato est del
corridoio che circonda il cortile del chiostro ci imbattiamo nell'opera "Try
Again" e in "Flip Flop".
Qui ci troviamo alla fine delle nostro itinerario metaforico e "geograficamente"
siamo adiacenti all'apside dell'altare della chiesa.
La scultura video "Try Again" ha una forma di una scatola rettangolare
in acciaio inox lucido. Sul lato sinistro è posizionato un monitor e su
quello destro un prisma triangolare di specchi sulla cui superfice è incisa
la parola TRY AGAIN. Sul monitore vediamo le mani giunte "quasi" in
posizione di preghiera di due giovani posti uno difronte all'altro. I due giocano
un passatempo molto popolare che consiste nell'essere veloci e pronti nei riflessi
nel tentare di colpire o schivare lo schiaffo sulle mani. A ogni tentativo gira
il prisma.
In quest'opera s'ironizza sui rapporti interpersonali relegati alla relazione
frenetica velocità/tempo dettata dal mero ritmo della concorrenza. Riprovaci
(try again) è l'invito ironico che il prisma fa allo spettatore che si
ritrova riflesso in diverse prospettive nel gioco di specchi.
L'ultimo lavoro "Flip Flop" ha un finale tragico. Qui s'ironizza sulla
la precarietà della vita e in particolare del momento storico/esistenziale
nel quale ci troviamo, ma anche sull'indifferenza o il sentirsi non responsabili
di quello che accade agli altri e in fondo a noi stessi . Un semplice lavello
a forma catino di ferro smaltato mostra al suo interno un uomo vestito con camice
bianca e cravatta che si muove a piedi nudi un po' come un funambolo su due listelli
paralleli tra loro e sospesi su un grande mulinello d'acqua. L'uomo è intento
a sfogliare, analizzare, gesticolare fogli di carta in bianco ed è continuamente
infastidito da ceci volanti a forma di insetti. Una scena surreale che finisce
dopo quindici minuti con la sua caduta e conseguente risucchio nel mulinello.
Ci verrebbe voglia, visto che ci troviamo in una chiesa e nei pressi dell'altare
, di intingere la mano nel catino e farci il segno della croce. Amen!